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Il Covid ha modificato i comportamenti di acquisto di calzature?

Il Covid ha modificato i comportamenti di acquisto di calzature?

METODOLOGIA DI ANALISI - Lo studio di Sabot

Il comportamento di acquisto rappresenta un fenomeno collettivo che può essere esaminato tramite l’osservazione e l’analisi di dati qualitativi e quantitativi che riguardano un insieme di individui; pertanto si presta a studi di tipo statistico. Tramite l’indagine svolta in questo caso studiato dal team di Sabot.tv, si vuole arrivare a comprendere se e come il comportamento di acquisto dei consumatori nel settore calzaturiero sia stato modificato a causa della pandemia. Sulla base di quanto emerso dalla ricerca della letteratura, non risultano studi al riguardo, dato che si tratta di un fenomeno recente, in divenire e che ancora, purtroppo, non è terminato. La ricerca sperimentale ha l’obiettivo di rilevare e misurare l’atteggiamento degli individui verso i propri comportamenti di acquisto trasformati dalla pandemia, non vuole realizzare indagini di dimensioni enormi, ma in ogni caso si vogliono raggiungere risultati più oggettivi possibili.
Si è individuato un campione casuale di soggetti, che si sono resi disponibili per rispondere ad un questionario, che ha lo scopo di individuare se il comportamento di acquisto che c’è adesso sarà definitivo oppure no, o ancora quante modalità di acquisto che si sono trasformate durante la pandemia verranno mantenute e in che misura. Il campione può essere considerato rappresentativo della popolazione in termini di genere, età, livello scolastico e occupazione.
Come strumento di raccolta dati è stato dunque utilizzato il questionario, ponendo una serie di domande ai soggetti rispondenti. Nel questionario sono presenti varie tipologie di domande. La prima e più utilizzata è la risposta chiusa, alcune di queste domande sono dicotomiche, poiché prevedono soltanto due modalità di risposta, altre sono di tipo politomico, ossia prevedono una sola risposta tra tre o più opzioni. Per lo scopo della ricerca le domande chiuse hanno diversi vantaggi, fra cui la comprensibilità delle risposte, la comparabilità degli esiti e, rispetto ad eventuali dati sensibili, sono più opportune. Inoltre per l’intervistato sarà più semplice fornire la risposta. Sempre fra le risposte chiuse sono presenti scale di Likert, sia di tipo numerico, ovvero costruite in modo da essere dispari e simmetriche rispetto ad un valore che si considera centrale su un ordine di preferenza, che verbale. Queste scale numeriche e verbali prendono nome dal loro autore, Rensis Likert, studioso della statistica psicometrica, che nel 1932 creò questo strumento per tradurre in una scala numerica opinioni e atteggiamenti degli individui. Tale strumento è relativo a più aspetti, dal momento che riesce a far rispondere su una scala numerica determinate affermazioni. Un elemento fondamentale di queste tipologie di domande è che devono essere formulate in modo chiaro, inequivocabile e comprensibile, così che le persone, quando vanno a rispondere, lo facciano senza fraintendimenti. La rilevanza quantitativa è posta in modo unipolare, cioè la parte centrale rappresenta la neutralità e i lati esterni sono simmetrici e chiaramente antitetici. Negli anni è stato rilevato che questo tipo di misurazione unipolare è più attendibile rispetto a quelle bipolari, che vertono su due aspetti di uno stesso fenomeno e portano il soggetto a doversi esprimere su due attributi contemporaneamente. Proprio per la presenza di un polo centrale, nella scala Likert i livelli devono essere dispari. Il vantaggio di questa misurazione consiste nel poter calcolare in modo veloce e chiaro gli esiti dell’indagine, transcodificati in valori numerici. Rispetto alle tempistiche di rilevazione, si tratta di uno studio longitudinale prospettico e occasionale, in quanto è condotto una sola volta. La parte di osservazione è stata passiva, poiché durante il questionario, non c’è stato alcun tipo di intervento esterno. Per quanto riguarda la finalità, si tratta di uno studio esplicativo, il cui scopo è quello di verificare le ipotesi della ricerca, ovvero la presenza di una relazione tra la pandemia e la modifica del comportamento di acquisto nel settore delle calzature. Le variabili studiate durante la ricerca sono di tipo sia qualitativo (ordinabili e sconnesse) che quantitativo, espresse tramite numeri naturali suddivisi in classi. La fonte dei dati è di tipo primario: le informazioni vengono raccolte ex novo tramite un questionario informatizzato con la metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interviewing). I questionari sono stati auto-compilati da 289 soggetti. I soggetti che hanno risposto al questionario sono stati contattati tramite inviti sui social media (tramite la nostra pagina @sabotcalzatureaccessori), passaparola e newsletter relative a diverse attività appartenenti al settore calzaturiero. È stato scelto lo strumento del questionario per la rilevazione, poiché si tratta di una modalità versatile che permette di ottenere informazioni facilmente misurabili, anche in una modalità impersonale: chi fa la ricerca non influenza direttamente l’intervistato. Le domande iniziano con temi generici, incentrate per lo più per individuare e categorizzare gli individui che rispondono al questionario (sesso, età, luogo di provenienza, professione e titolo di studio). Si entra poi nel merito dei comportamenti di acquisto online: se l’intervistato dichiara di non aver comprato virtualmente, si accede ad un ramo dedicato del questionario, in cui si cerca di comprendere le motivazioni che lo hanno indotto a tale tipo di comportamento e si indagano gli aspetti che potrebbero indurlo a cambiare atteggiamento, ad esempio prezzi maggiormente competitivi, la presenza di assistenza telefonica oppure semplicità maggiore per procedere al reso ed altre motivazioni. Si è deciso di studiarne l’intensità con una scala di misura di livello 5. In seguito si cerca di comprendere il mancato acquisto sul web relativamente alle scarpe, proponendo alcune problematiche che impediscono ai soggetti di avere un atteggiamento positivo a questo canale. Infine si indaga su quali potrebbero essere gli aspetti che potrebbero portare l’individuo a comprare calzature in modo virtuale, misurandone anche l’intensità e la rilevanza sempre sulla base della scala precedente. Se invece il rispondente ha comprato sul web durante la pandemia il questionario si ramifica in una sezione dedicata a chi acquista online. Gli verrà presentata una domanda in cui si chiede la categoria di prodotti o servizi acquistati e la frequenza. La categoria di maggior interesse per il tema trattato è quella della moda, comprendente abbigliamento, calzature e accessori.
Dopo di che si chiede se si è verificata una variazione in aumento o in diminuzione degli acquisti virtuali durante l’emergenza sanitaria e l’intensità del cambiamento. Si cerca di osservare le intenzioni di acquisto post-pandemia, chiedendo se verrà mantenuta in futuro l’abitudine di comprare online. Si passa poi più specificatamente al settore calzaturiero oggetto di studio e anche in questo caso è presente una biforcazione a seconda del tipo di risposta: se l’intervistato acquista calzature online passa ad una pagina dedicata, dove gli viene chiesto a quanto ammonta nell’ultimo anno tale spesa in percentuale. Dopo di che il questionario prosegue con domande specifiche inerenti al settore calzaturiero e al comportamento di acquisto dei consumatori.
Nel caso in cui l’individuo non abbia effettuato acquisti di calzature sul web, si cerca di indagarne la motivazione, proponendo esclusivamente le ultime due domande della sezione dedicata a chi non acquista online in generale. Il questionario sottoposto agli intervistati è stato predisposto in modo standardizzato per tutte le unità rilevate, ma ha seguito, come descritto sopra, anche un percorso concettuale, sulla base del quale, a seconda della risposta fornita, si aprono ramificazioni differenti. Questa metodologia si chiama “logica di salto”, ovvero la domanda successiva varia in base alla risposta che viene data alla domanda corrente. In questo modo è possibile personalizzare l’indagine in funzione delle risposte fornite: nel caso in esame la prima ramificazione condizionale si ha nella domanda numero 6, in cui si chiede se durante la pandemia sono stati effettuati acquisti online. Nel caso in cui il soggetto risponda in modo negativo, il questionario vira ad una sezione dedicata ai soggetti che non compiono acquisti sul web. La seconda logica di ramificazione si presenta alla domanda numero 12 della sezione dedicata a coloro che acquistano online, in cui si chiede se durante la pandemia siano stati effettuati acquisti virtuali di calzature. Nel caso di risposta negativa si presenta un ulteriore ramificazione di due domande in cui si accerta la motivazione di tale comportamento e cosa potrebbe indurre i soggetti a cambiare idea. Attraverso questa tipologia di domande, è possibile rendere il questionario più snello e dinamico, poiché gli intervistati vedono solo le domande che li riguardano. In questo modo il soggetto impiega meno tempo per rispondere alle questioni senza essere confuso. Grazie a ciò, la compilazione risulta scorrevole e l’intervistato sarà maggiormente propenso ad ultimare il questionario stesso. Il questionario è stato realizzato tramite la piattaforma Survey Monkey, che mette a disposizione un software appoggiato su dei cloud e consente lo sviluppo di varie soluzioni personalizzate.

DESCRIZIONE DEL CAMPIONE - Lo studio di Sabot

Per studiare il fenomeno relativo al comportamento degli individui, si può procedere analizzando tutte le unità oggetto di indagine oppure attraverso una rilevazione parziale. Tale scelta deve permettere di ottenere dei risultati che possano essere rappresentativi di tutta la collettività che si indaga. Il campionamento rappresenta uno strumento molto importante nell’indagine statistica, in quanto, invece di studiare tutta la popolazione, permette con tempi e costi più ridotti di analizzare il fenomeno oggetto di indagine. Il campione rappresenta infatti un sottoinsieme della popolazione, composto da un gruppo di unità elementari, che nel caso in questione sono individui. Addirittura, il campione può permettere una maggiore accuratezza rispetto allo studio di tutte le unità, poiché consente di andare più in profondità nella ricerca. La popolazione obiettivo è composta da tutti i consumatori italiani, le unità campionarie sono invece rappresentate da singoli individui che si sono resi disponibili a rispondere al questionario. Il campione ha un’ampiezza di 289 unità statistiche intervistate nel periodo tra il 15 maggio e il 5 luglio ed è stato realizzato in tal modo, affinché potesse avere un costo non elevato. Si tratta di un campione non probabilistico, in quanto le unità non sono state estratte in modo casuale, ma comunque è non programmato, nel senso che non tutti i soggetti che hanno risposto al questionario sono stati personalmente scelti. Rappresenta quindi un campionamento di convenienza, in quanto è basato su criteri di comodità e di gratuità: la selezione, come si è già detto, non è puramente casuale e potrebbe presentare errori statistici sistematici. Uno dei vantaggi del campione di convenienza risiede nel fatto di poter studiare i trend senza le difficoltà della costruzione di un campione probabilistico. Questa tipologia di campionamento è solitamente applicata per le ricerche sperimentali, dal momento che permette di studiare, senza ingenti investimenti, un fenomeno e poi, eventualmente, decidere se approfondire la ricerca con un campionamento probabilistico. Il questionario è stato inviato agli individui attraverso social, passaparola e newsletter di attività appartenenti al settore calzaturiero, senza specificare l’oggetto dell’indagine, in quanto si è ritenuto che ciò potesse influenzare le risposte.
C’è stato un interesse positivo verso la ricerca, in quanto circa l’85% delle persone che hanno aperto il link, hanno poi portato a termine la compilazione del questionario. Le persone contattate sono state suddivise per fasce d’età, genere, città di residenza, professione e titolo di studio. Per quanto riguarda il genere, il 67,82% dei rispondenti (196 individui) è di sesso femminile. Probabilmente questa percentuale potrebbe esser giustificata dal fatto che i temi trattati all’interno del questionario sono più attrattivi per il gentil sesso.

La suddivisione per range d’età ha mostrato che la maggioranza degli individui, che si sono offerti di compilare il questionario, appartiene alla fascia d’età 20-29 anni, che rappresenta il 33,56% del totale degli intervistati, pari a 97 unità. Fra questi il 68,04% è di sesso femminile.
Il range d’età sotto i 20 anni rappresenta il 12,46% del totale (36 individui). Di questi solo il 38,89% sono femmine.
La fascia d’età tra i 30 e i 50 anni rappresenta il 28,03% del totale, pari a 81 individui, di cui il 76,54% appartiene al genere femminile. Infine, la fascia sopra i 50 anni d’età è costituita dal 25,95% del campione e le donne rappresentano il 72% di questa categoria.

La maggioranza dei rispondenti fa parte della categoria degli studenti, pari al 35,42% del totale. Seguono gli impiegati con il 27,08% e i liberi professionisti con il 12,15%. Le altre professioni presentano percentuali a una cifra. 
Per quanto riguarda il titolo di studio, il 41,18% possiede il diploma di scuola superiore con 119 individui. Segue la laurea triennale con 58 unità rappresentative del 20,07%. Il 14,53% ha una laurea vecchio ordinamento (42 unità), mentre la laurea specialistica è posseduta dal 13,15% degli intervistati (38 unità).

QUESTIONARIO E RISULTATI - Lo studio di Sabot

Il questionario rappresenta uno degli strumenti maggiormente utilizzati nello studio dei fenomeni sociali ed è utile per raccogliere informazioni in modo standardizzato.
Nell’analizzare i comportamenti di acquisto online degli individui, si è seguito uno specifico percorso delineabile attraverso alcune fasi. Innanzitutto sono stati definiti gli obiettivi della ricerca, ovvero la comprensione dei comportamenti di acquisto online dei consumatori nel settore calzaturiero, analizzandone i cambiamenti intervenuti durante la pandemia Covid-19 e cercando di comprendere se tali modifiche saranno temporanee o durature. Successivamente è stato definito il target e si è costruito un campione di convenienza il più possibile rappresentativo in termini di genere, età, titolo di studio e occupazione. Sono stati individuati i temi oggetto di indagine, analizzando, attraverso una serie di domande, gli obiettivi sopra citati. Fatto ciò, si è redatto il questionario, avendo attenzione al fatto che non risultasse troppo lungo e prolisso e all’ordine in cui le domande sono state presentate, partendo dal generale per poi entrare nello specifico. È stato utilizzato un linguaggio chiaro e diretto, così da evitare eventuali fraintendimenti ed ambiguità. Le domande del questionario sono prevalentemente chiuse e ne è stata prevista una lunghezza massima. Quando possibile, le risposte alle domande sono state strutturate su scala Likert.
Inoltre, si sono inserite domande filtro, per consentire di saltare uno o più quesiti successivi sulla base delle risposte fornite. In questo modo è stato possibile ridurre i tempi di compilazione del questionario e aumentare così il tasso di risposta. Si è quindi deciso di creare il questionario online, attraverso la piattaforma Survey Monkey. Una volta realizzato, è stato testato con lo scopo di verificarne il corretto funzionamento, i tempi di compilazione (che sono risultati essere mediamente di 3 minuti) e la sua chiarezza.
Si è dunque formulata la versione definitiva, somministrato i questionari garantendo il rispetto della privacy, monitorando il tasso di risposta e, infine, sono stati elaborati i dati. Dopo le domande relative alle caratteristiche del campione, si è passati all’indagine vera e propria. Il primo quesito chiede se sono stati effettuati acquisti online durante la pandemia: risulta che il 92,73% dei rispondenti (268 unità) abbia comprato sul web durante il Covid-19, dimostrando così che la pandemia ha cambiato le abitudini di acquisto, quantomeno nel breve periodo, e provocato il boom degli e-commerce. La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo ha condotto un’indagine su 3700 individui, appartenenti a nove Paesi differenti, tra cui anche l’Italia, per capire quanto i consumatori si sono rivolti sull’e-commerce. È emerso che un numero molto superiore alla metà degli intervistati ha cambiato le scelte di consumo a favore dei canali virtuali. Tornando all’indagine svolta, fra coloro che non hanno effettuato acquisti online il 70% risulta essere over 50. Per coloro che hanno risposto negativamente alla domanda di cui sopra, si apre una ramificazione che li conduce nel percorso realizzato per i soggetti che non acquistano online. Innanzitutto è stato loro chiesto di dare una valutazione su scala Likert a determinate affermazioni. La scala parte dal numero 1, che sta a significare “completamente in disaccordo”, fino al numero 5 che rappresenta il “completamente d’accordo”. Il polo centrale è naturalmente rappresentato dall’indifferenza. La prima affermazione riguarda l’assenza di affidabilità e di fiducia nei siti web e il 33,33% dei rispondenti ha espresso indifferenza rispetto a tale tematica.
Circa il 30% invece risulta essere abbastanza d’accordo, evidenziando che un certo atteggiamento ostativo all’acquisto online può essere generato da questo aspetto, tant’è che il grafico relativo presenta una coda asimmetrica verso coloro che concordano pienamente sulla loro mancanza di fiducia verso siti web.

La seconda affermazione riguarda la mancanza di fiducia nell’effettuare pagamenti online. In questo caso è ancora più evidente che le persone si dimostrano abbastanza e a volte completamente insicure nell’effettuare pagamenti sul web, infatti il 66,66% concorda con tale tematica. Risulta quindi che la mancanza di fiducia nell’effettuare pagamenti online è maggiore rispetto all’assenza di fiducia generale sui siti web: questo scoglio potrebbe essere superato con un utilizzo più diffuso del contrassegno, a patto che le compagnie di spedizione riducano le tariffe di tale tipo di servizio, che per ora risulta parzialmente a carico dell’acquirente.

Uno dei freni all’espansione consolidata degli e-commerce è rappresentato dal timore di incorrere in truffe, dunque è importante essere consapevoli e sapere quali siano i metodi di pagamento più sicuri. Quelli più tradizionali e diffusi per i pagamenti online sono la carta di credito e la carta di debito. Al giorno d’oggi è fondamentale che i consumatori possano acquistare con elevati standard di sicurezza, garantiti in questo caso da sistemi come SecureCode o Verified by Visa, che richiedono l’utilizzo di password temporanee per ultimare gli acquisti virtuali. Altre alternative piuttosto diffuse sono il contrassegno e bonifico bancario. In particolare, la prima opzione è quella che viene adottata dai più timorosi di cadere in furti di denaro sul web, anche se, come si è spiegato poco fa, negli ultimi anni tutte le forme di pagamento hanno assunto livelli di sicurezza molto elevati. La terza affermazione è relativa ad una mancanza di fiducia verso l’originalità dei prodotti che si va acquistare. In questo caso si evince come gran parte degli individui, precisamente il 35,29% delle unità, sia indifferente a ciò, mentre circa il 48% complessivo dei rispondenti non è d’accordo sul fatto che l’originalità dei prodotti sia un fattore che spinge loro a non compiere acquisti online.

La quarta asserzione riguarda la complessità procedure in generale, che potrebbe spingere a non comprare virtualmente. In questo caso si nota una perfetta simmetria tra coloro che sono completamente d’accordo e in disaccordo e tra coloro che sono abbastanza d’accordo o in disaccordo e indifferenti. Lo si può evincere dal grafico seguente:

La quinta affermazione accosta lo shopping alla sensazione di piacere associata all’acquisto nel negozio fisico: il fatto interessante è che nessuno si è mostrato indifferente a questa tematica, anzi il 62% circa è completamente d’accordo sul fatto di non comprare online perché vuole poter provare l’esperienza emozionale dell’acquisto al negozio fisico. Sicuramente l’emergenza sanitaria ha fatto sì che le vendite al dettaglio diminuissero drasticamente. Infatti a fine 2020 si stima che siano diminuite a livello mondiale di circa 500 miliardi di dollari. In particolare, durante le varie chiusure dei punti vendita fisici, si sono verificati delle trasformazioni che potrebbero portare
l’e-commerce business to consumer verso nuovi orizzonti. Sono stati creati e resi operativi moltissimi siti web nell’ultimo anno, implementate consulenze virtuali, migliorati canali social e di sponsorizzazione e infine sono state potenziate le consegne. L’e-commerce non rappresenta più un fenomeno di nicchia oramai e ha modificato le abitudini di acquisto e di consumo di una grande fetta della popolazione, coinvolgendo anche la parte meno digitalizzata. Nel 2020, in Italia, gli acquisti di beni effettuati online sono cresciuti determinando l’incremento più elevato di sempre e arrivando ad un valore di quasi 24 miliardi di euro. La sesta affermazione, invece, attesta contrarietà agli acquisti online, dal momento che sul web ci sono troppe alternative, che confondono durante l’atto di acquisto. In questo caso il 47% dei rispondenti si dichiara essere abbastanza d’accordo. Si è di fronte al cosiddetto paradosso della scelta teorizzato da Barry Schwartz, psicologo americano, che rappresenta l’abbondanza di scelte e alternative come una delle più grandi fonti di sofferenza psicologica. Dunque la tecnologia, in principio, aveva la finalità di ridurre il tempo di scelta e di acquisto, invece oggi si è in qualche modo forzati a scegliere tra un numero estremamente vasto di opzioni.
La problematica è che, se abbiamo un numero maggiore di alternative, si rischia di incorrere più facilmente in decisioni errate: infatti ogni scelta richiede maggiore impegno, gli sbagli sono meno rari e la sofferenza psicologica derivante da tali errori è maggiore. La settima affermazione è relativa a mancati acquisti online causati da esperienze negative proprie o di conoscenti: la maggior parte degli individui si è dimostrata indifferente a tale tematica.
Sempre su scala Likert a 5, è stato loro chiesto quanto sarebbero stati indotti ad acquistare online da alcuni aspetti, il primo dei quali è rappresentato da una maggiore affidabilità e trasparenza garantita dai siti. Il 66,66% dei rispondenti si posiziona tra “abbastanza d’accordo” e “completamente d’accordo”, mentre il 28% si dimostra indifferente a ciò. Come afferma la studiosa Rachel Botsman, la fiducia conta più della tecnologia, infatti, senza la prima, la seconda perde di significato. Il concetto di fiducia, definito come “collante sociale”, sta al centro dell’economia collaborativa su cui fonda i propri studi Botsman, la quale crede che la fiducia online trasformerà i nostri atteggiamenti nel mondo reale e in futuro ci porterà ad essere estremamente responsabili: la fiducia potrebbe essere la moneta della nuova economia.
L’asserzione successiva riguarda una maggiore conoscenza del funzionamento del mondo virtuale. La maggior parte dei rispondenti si mostra come indifferente a tale aspetto:

Si è poi passati a chiedere se prezzi minori potessero far cambiare idea a coloro che non acquistano virtualmente: in questo caso le risposte sono state per la grande maggioranza affermative. Infatti, coloro che dichiarano essere abbastanza o completamente d’accordo con tale tematica rappresentano il 63,13% dei rispondenti. Accade già spesso, nello specifico nel settore delle calzature, oggetto principale di questo studio che i prezzi praticati online siano minori rispetto ad un negozio fisico. Ciò è dovuto ai maggiori costi fissi che un negozio fisico deve sopportare, dai costi fissi dello stock, ai costi fissi delle attrezzature, del personale di vendita, degli affitti e tanti altri costi, che non permettono di realizzare una promozione diversa quotidianamente. È importante, dunque, cercare di integrare canale di vendita offline e online, senza dimenticare che il cuore di ogni vendita è la customer experience. Altre due affermazioni accolte con favore da parte dei rispondenti, per iniziare ad acquistare online, riguardano un’efficace assistenza telefonica e una semplicità maggiore per la procedura di reso. Nel primo caso il 50% dei rispondenti si rivela completamente d’accordo, mentre nel secondo è addirittura il 72,2% ad essere totalmente d’accordo. Il reso rappresenta un diritto garantito nel momento in cui si effettuano acquisti virtuali, dal momento che si vuole dare una maggiore libertà e tranquillità all’acquirente che non può osservare dal vivo il prodotto, ma soltanto basarsi su immagini e descrizioni. Negli ultimi periodi si sta espandendo tra i più grandi negozi virtuali la pratica di rimborsare gli acquisti di soggetti non soddisfatti e non richiedere il bene indietro. Anche se succede di rado, questo fenomeno, unito ai resi gratuiti, potrebbe diventare un costo insostenibile per moltissime aziende, soprattutto le più piccole. Sono state poi formulate due ultime domande per i 21 individui, che non hanno acquistato online durante la pandemia. Queste si riferiscono alla eventuale presenza di un motivo per cui tali soggetti non acquistano scarpe online e ad alcuni possibili aspetti che potrebbero indurre ad comprarne. Tali due domande verranno, per semplicità di lettura, analizzate successivamente, in quanto rientreranno in queste domande anche coloro che, pur compiendo acquisti virtuali, non comprano calzature. Si sono analizzate ora le risposte fornite da coloro che non hanno compiuto acquisti online durante la pandemia Covid-19: si passa ora a tutti coloro che hanno acquistato online, che formano circa il 93% del totale dei rispondenti (268 unità su 289 individui). In effetti, anche secondo le ricerche dell’Osservatorio e-commerce B2C di Netcomm e del Politecnico di Milano gli acquisti virtuali sono incrementati nel 2020 del 26%. Se nel periodo precedente alla pandemia il settore trainante del commercio online era quello del turismo, nel biennio 2020-2021 l’e-commerce si è spostato in altri settori, quali il food and beverage, il marketing, il fashion e l’editoria. La prima domanda loro posta riguarda la tipologia principale di acquisti online eseguiti durante l’emergenza sanitaria.
I tre business più selezionati e scelti sono rappresentati dal settore dell’alimentari, da quello della moda (abbigliamento, calzature ed accessori) e da quello dell’editoria, come si può evincere dal seguente grafico:

Si cerca poi di comprendere se gli acquisti virtuali siano incrementati durante l’emergenza sanitaria: si evince che per il 23% dei rispondenti gli acquisti online siano “abbastanza aumentati” e che per il 43% siano “molto aumentati”. Per il 30% degli intervistati, invece, sono rimasti invariati rispetto al periodo pre-Covid. Soltanto per 12 individui gli acquisti online sono diminuiti.

È meno forte, seppur sempre affermativa, la questione relativa a quanto siano entrati gli acquisti virtuali nelle abitudini di vita dei consumatori. La domanda è impostata sempre come chiusa a scala Likert: il polo centrale in questo caso assume il significato di “abbastanza”, mentre gli altri valori assumo in ordine crescente il significato di “per niente”, “poco”, “molto” e “moltissimo”.

Si cerca poi di comprendere se i consumatori hanno intenzione, post pandemia, di mantenere il livello attuale di acquisti online. Emerge che il 74,81% del campione ritiene di continuare ad acquistare online quanto durante l’emergenza sanitaria. L’e-commerce è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi due anni, dal momento che le persone, costrette a rimanere dentro le proprie dimore, sono state in qualche modo forzate a compiere acquisti online. La ricerca condotta da IZI e Comic&Partners su un campione di 1037 individui di nazionalità italiana afferma che circa il 60% degli intervistati continuerà ad acquistare virtualmente, anche dopo l’emergenza sanitaria. Da questa indagine è possibile trarre conclusioni interessanti: ai fini di tale ricerca si rileva maggiormente che nel settore del fashion più dell’80% degli italiani si recava nei punti vendita fisici per fare compere, mentre oggi a farlo sarebbero circa il 60%. È stato ritenuto importante, inoltre, la frequenza degli acquisti online dei rispondenti: emerge che la maggioranza degli individui intervistati (52,43%) compiano acquisti una volta al mese.

Idealo, comparatore di prezzi dei vari siti web, ha portato avanti un’interessante ricerca circa la frequenza degli acquisti online dei consumatori digitali. Le informazioni prese in considerazione ed analizzate hanno messo in evidenza che l’85% dei consumatori digitali italiani compie, mediamente, un acquisto ogni mese. Si verifica un incremento di cinque punti percentuali rispetto al 2020 e si comprende come il mercato virtuale sia fortemente dominato da coloro che possono essere definiti acquirenti abituali. Dalla ricerca si notano inoltre i prodotti più cercati nel 2020 in Italia all’interno della piattaforma: in prima posizione si hanno gli smartphone, in seconda le sneaker e in terza i televisori. Per quanto riguarda la modalità di acquisto durante la pandemia, Idealo ha somministrato a febbraio 2021 un sondaggio ed è emerso che circa l’85% dei rispondenti abbia fatto ricerche online prima di recarsi a compiere l’acquisto in negozio, in particolare nel settore calzaturiero. Il 73% degli individui che hanno acquistato online, invece, si sono recati prima in un negozio fisico per osservare direttamente e provare il prodotto desiderato. A questo punto, la domanda che si è deciso di porre entra nel cuore della ricerca: dalle questioni generali si sposta il focus sempre più verso il settore preso in considerazione, quello delle calzature. Si è dunque chiesto se durante la pandemia siano state acquistate calzature online oppure no. Il 56,3% (151 individui) ha comprato scarpe sul web durante il Covid-19, la restante parte, composta da 117 individui, non ha effettuato acquisti di calzature online durante il periodo pandemico. Dei 151 individui che hanno risposto affermativamente alla domanda sopra citata, 23 sono gli under 20, 54 sono coloro che si collocano nel range di età 20-29 anni, 50 unità hanno invece un’età che varia dai 30 ai 50 anni e 24 sono gli over 50. Dei 117 individui che non hanno effettuato acquisti di calzature sul web, 11 sono gli under 20, 41 quelli che si posizionano nella fascia d’età 20-29 anni, 28 coloro che hanno un’età tra i 30 e 50 anni e 37 gli over 50. L’unica classe di età per cui coloro che non hanno acquistato scarpe online sono in numero maggiore di coloro che hanno acquistato è proprio quest’ultima, quella rappresentata dagli individui con età maggiore di 50 anni. Essi appaiono più restii a tale comportamento di acquisto, probabilmente neppure il Covid-19 è bastato per sradicare abitudini molto solide. Per i rispondenti che non acquistano calzature nel mondo virtuale, si apre una ramificazione loro dedicata, contenente due domande che sono state poste anche a coloro che non acquistano, in generale, online, come specificato nelle pagine precedenti. Si chiede dunque quale sia il motivo che spinge a non comprare scarpe online: le risposte più gettonate sono relative ad una difficoltà di percezione della calzata adatta, al piacere di compiere gli acquisti nei punti vendita fisici e alla necessità di fare la prova per capire come si adattano allo stile.

L’ultima domanda su scala Likert, proposta in questo percorso logico, ha l’intenzione di comprendere se, nel momento in cui ci siano innovazioni o miglioramenti, coloro che non acquistano calzature online possano essere indotti a cambiare idea. La questione è organizzata come la maggioranza delle precedenti a scala Likert, infatti abbiamo delle affermazioni e ogni rispondente dovrà sceglierne la rilevanza. Il polo centrale assume il significato di “indifferente”, mentre gli altri valori spaziano dal “completamente in disaccordo” (1) al “completamente d’accordo” (5). La prima affermazione è volta a comprendere se una soluzione tecnologica in grado di verificare l’adattabilità della calzata al piede possa convincere i più restii a compiere acquisti di calzature sul web. La maggioranza dei rispondenti dichiara essere abbastanza d’accordo. È da diversi anni che si sente parlare dell’introduzione di tecnologie che possano agevolare la scansione dei piedi e il successivo acquisto digitale di calzature, tuttavia è nell’ultimo anno, a causa della pandemia, che le aziende hanno iniziato fortemente a puntarci. Uno dei blocchi per i consumatori che vogliono compiere acquisti di scarpe sul web è proprio dato dalla difficoltà di comprare con sicurezza, sapendo a priori che la calzata sia giusta per il proprio piede. La taglia, infatti, indica soltanto un riferimento di lunghezza, che varia da un’azienda produttrice ad un’altra e che non può prendere in considerazione tutte le conformazioni esistenti del piede. Ecco che entra in gioco l’intelligenza artificiale, su cui hanno puntato fortemente molte aziende, tra cui Snapfeet, la quale ha implementato un sistema per comprendere se una scarpa abbia o meno la calzata corretta. L’intelligenza artificiale in questo caso ricrea la morfologia del piede inquadrato attraverso fotocamera in 3D e successivamente simula un confronto con i modelli presenti nel proprio database. Se sviluppate nel modo corretto e messe a conoscenza di tutti, queste tecnologie potrebbero rivoluzionare un intero settore, riducendo inoltre la problematica dei resi. L’idea successiva che si è posto affinché possano incrementare gli acquisti di calzature online riguarda la presenza sul web di prezzi maggiormente competitivi. Anche in questo caso i rispondenti risultano essere abbastanza d’accordo nella convinzione di digitalizzare le proprie abitudini di acquisto nel caso in cui i prezzi online fossero minori rispetto alle realtà fisiche. La terza e la quarta affermazione hanno destato indifferenza nelle risposte degli individui. La terza è relativa ad una questione di maggiore tranquillità all’acquisto: in quest’ottica ogni marchio dovrebbe esporre nel proprio sito web tutti i rivenditori autorizzati online. Solitamente ciò non avviene e spesso accade che i produttori siano proprio i primi e più forti concorrenti per i negozi fisici. I rispondenti sono comunque indifferenti a ciò nella maggior parte dei casi, cosa che avviene anche nella quarta asserzione. I pacchetti di acquisto con accessori coordinati non convincono i consumatori, a testimonianza del fatto che si vuole maggiore semplicità e velocità possibile all’atto di acquisto. La quinta ed ultima affermazione riguarda la presenza di offerte personalizzate, ovvero di sconti e agevolazioni in base al grado di fidelizzazione. Il 33,59% degli intervistati risulta essere abbastanza d’accordo, il 22,14% indifferente, mentre il 19% completamente d’accordo. Con questa domanda si conclude il percorso per coloro che non acquistano online e per quelli che acquistano sul web, ma non calzature. Ai rispondenti che acquistano scarpe online è naturalmente destinato una ramificazione differente. Innanzitutto viene chiesto loro quante scarpe abbiano acquistato online nell’ultimo anno, dunque durante il primo anno di pandemia Covid-19. Ciò che più fa riflettere è che gli italiani non hanno lasciato la volontà di acquistare online, anche dopo l’allentamento delle misure restrittive. Dal report 2021 di Casaleggio Associati emerge che 16 milioni di italiani ritengono che il cambiamento delle abitudini a favore degli acquisti online è irreversibile. Altro aspetto interessante è che più del 30% degli italiani che ha acquistato calzature online preferisce i negozi virtuali plurimarca. Relativamente al brand, si chiede ai consumatori intervistati quanto questo sia importante nell’acquisto di calzature sul web. Per la grande maggioranza dei rispondenti il brand è molto rilevante durante l’acquisto di calzature online.
Questo risultato è emerso anche dai risultati dell’indagine realizzata da BVA Doxa, European Opinion Tracker, a cui si sono sottoposti più di 1000 consumatori europei tra il 7 e il 13 dicembre 2020. Prendendo in considerazione i consumatori italiani, si può affermare che la qualità e il brand sono la caratteristiche più importanti per gli acquisti online. È stato poi chiesto quale sia la tipologia di calzatura prevalentemente acquistata online: 101 rispondenti su 151 prediligono l’acquisto di sneaker.

Durante la pandemia, i settori più colpiti sono stati quelli delle scarpe classiche con una diminuzione del 30% in quantità, mentre per le sneaker il decremento è più contenuto e di circa il 15%. Per questo motivo brand tradizionalmente eleganti hanno dovuto adeguarsi al mercato e creare più varianti di sneaker, a discapito delle calzature più classiche. Dopo le sneaker, alcuni intervistati hanno dichiarato di acquistare décolleté, sandali e anfibi. Le altre tipologie sono state scelte in misura pressoché irrilevante. Si è poi chiesto se la pandemia abbia portato gli individui ad incrementare gli acquisti di calzature online: circa il 70% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria mole di acquisti di scarpe online.

Secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca per Assocalzaturifici, nel 2020 la quota di shopping digitale è passata dal 14,1% al 21,4%: si tratta di un incremento molto forte destinato ad aumentare, considerando che nel 2013 gli acquisti di calzature online coprivano circa il 3,5% della spesa di calzature per famiglia. Relativamente agli acquisti online, si chiede ai rispondenti se abbiano intenzione di continuare ad acquistare online anche dopo la pandemia: l’85% circa risponde in modo affermativo, a testimonianza di come le abitudini di acquisto di calzature siano realmente e fortemente cambiate. Il settore calzaturiero online è fra i più dinamici, nonostante presenti ampi margini di miglioramento ed evoluzione. Questi eccellenti risultati del comparto moda online sono riconducibili a due fattori in particolare, il prezzo e il servizio: ci sono maggiori opportunità di risparmio acquistando sul web e molteplici servizi, come la possibilità di reso, tempi di consegna brevi, assistenza telefonica e tanti altri. Il 36% degli intervistati prevede di continuare ad acquistare calzature online quanto durante il periodo pandemico, il 27% circa ritiene di acquistarne meno, mentre il 33% non è in grado di fare previsioni. La parte residuale, circa il 5%, vorrà acquistare più scarpe online rispetto al periodo pandemico. Quasi tutti i rispondenti risultano essere soddisfatti dei propri acquisti, a testimonianza di come sia migliorato il percorso virtuale verso l’acquisto, che assieme ai prodotti offerti, va a determinare la customer satisfaction.

 

 

 

 

 

 

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